Al momento sette persone sono ai domiciliari, ad altre 12 hanno dato misure minori.
Raggiungeteci ora in piazza Indipendenza e alle 18 in viale Corsica 81 per l’assemblea.
La rabbia non si arresta.
Tutti liberi tutte libere

 

È stata una piazza eterogenea quella di venerdì 30 ottobre, ma quale sia stata la componente principale di quella giornata è divenuto con il passare dei giorni evidente a tutti: i giovani e i giovanissimi, con buona pace di chi ancora cerca organizzatori dove non ce ne sono, scomodando le solite veline della questura ormai ingiallite dagli anni che additano di default anarchici o ultras.
Una piazza senza rivendicazioni precise e senza firma, una piazza proprio per questo abitabile da chiunque non volesse veder strumentalizzata la propria rabbia. Una rabbia da troppo tempo covata.
Come può infatti stupire che si voglia ribaltare un mondo che avrebbe tutto da offrire, ma che non ci ha mai offerto niente? Il contraltare di una tecnologia sempre più alienante è infatti rappresentato solo da sfruttamento e precarietà, lavori a nero e affitti impossibili.
Ed eccoli allora i giovani di venerdì: sono gli stessi che sono stati destinati a servire e sorridere al turista di turno, a cui è stato offerto poco più dello scheletro di quella che dovrebbe essere una scuola che mira a una reale diffusione e cultura, che sono stati costretti a continuare a vivere con i genitori e che proprio per questo sono stati derisi come una generazione di nullafacenti. Una generazione a cui è sempre negata la parola, continuando a guardare al giovane solo come ad un adulto in potenza, mai come ad un soggetto con propri bisogni e desideri.
Con la diffusione della pandemia tutto ciò ha assunto caratteristiche grottesche. Sostituita anche l’aula di scuola con uno schermo, l’intera socialità è stata bandita ed etichettata come superflua, definizione facile per chi guarda al mondo solo come ad un salvadanaio da cui attingere, magari da una villa di duecento metri quadri.
Se lo stato ha pensato bene di scaricare tutta la colpa delle proprie mancanze sui comportamenti dei singoli, continuando ad andare a braccetto con quell’organizzazione criminale che da sotto il nome di Confindustria, quelli stessi singoli hanno poi riversato la propria frustrazione sul capro espiatorio perfetto perché appunto da sempre privato di voce: ancora loro, i giovani.
Oggi, 3 febbraio, dopo mesi dai fatti, digos e polizia si presentano alle prima luci dell’alba in svariate case per portare via 20 persone destinate a misure cautelari. Arresta per nascondere l’incapacità di chi governa questo paese nel gestire una crisi sanitaria ed economica senza precedenti, una crisi causata dallo stesso sistema di rapina del territorio e delle risorse che strenuamente tenta di difendere. I morti nelle RSA, le famiglie sul lastrico, nessuna prospettiva a medio o lungo termine sulle nostre vite come la criminosa gestione della seconda ondata ha dimostrato.
Non sono 20 ragazzi i responsabili di una notte di rabbia dove 10000 persone sono scese in piazza. Come non sono 3 ragazzi che escono a fare aperitivo i responsabili di una pandemia che da un anno ha cambiato permanentemente in peggio il nostro modo di vivere. Ma riconoscere le proprie responsabilità vorrebbe dire ammettere per lo stato di aver fallito, e allora avanti col prossimo capro espiatorio, col prossimo arresto.

Stasera, a seguito della partecipatissima assemblea, un’allegra carovana è andata a far sentire, a suon di clacsonate e urli a squarciagola, un po’ di affetto a tre delle 9 persone ai domiciliari per i fatti del 30 ottobre (ricordiamo che Pietro e Alberto arrestati nella notte del 30 rimangono ancora oggi ai domiciliari).
Nei prossimi giorni questo affetto lo faremo sentire a tutti coloro che sono stati colpiti dalle misure.
Perché chi lotta non è mai solo.

Difendiamo le case e ci prendiamo i trasporti. Proposta operativa

“Devo avere una casa per andare in giro per il mondo” Assalti frontali

Alle compagne attive sul tema dell’abitare a Milano e dintorni. Ai disertori del biglietto, alias nuntepago.

L’abbiamo fatto a Barcellona qualche mese fa: tutti i mercoledì alle 18 ogni assemblea/gruppo di affinità di quartiere andava alla propria fermata della metro e apriva le porte/tornelli con un presidio di almeno una mezz’oretta. Poi ci si radunava in un punto della città (diverso ogni volta) per realizzare una azione collettiva (blocco stradale o blocco di qualche mezzo pubblico). Siamo riusciti a tener dentro tutti: i nonni distribuendo volantini, i giovani sprayando le telecamere. Il pretesto era l’annuale aumento del prezzo dei trasporti pubblici e la dinamica è stata un crescendo che in un paio di mesi è arrivato a esprimere una 40ina di concentrmenti in città e una 20ina nell’area urbana. L’epilogo è stato un inutile tavolo delle trattative da parte delle istituzioni locali, ma questo poco importa.

Credo che è il momento buono per copiare l’azione.
I quartieri popolari sono attivi e recettivi, hanno voglia di esprimere la loro rabbia. Mancano (a loro e a noi) modalità di lotta nuove e incisive, autonome e coordinate nello spazio metropolitano. Stiamo parlando di un azione che raggiunga quindi un pubblico ampio, popolare, che causerà incomprensioni (del tipo “voi volete solo non pagare il biglietto”). A Barcellona abbiamo affrontato questo rischio stampando un finto biglietto della metro, che spiegava brevemente sul retro le ragioni della protesta, e con una fanzine “è l’ora di difendersi” che constestualizzava l’azione entrando nei dettagli tecnici, politici e logistici.

Dobbiamo capitalizzare l’inerzia (per una volta dinamica – cioè la tendenza al movimento a partire da movimento pre esistente) materializzatasi in questi giorni in diversi punti della città. Dobbiamo ideare pratiche che tengan dentro la contraddizione locale/metropolitana. Partire dai quartieri per arrivare nel centro della metropoli – inteso come palazzi del potere istituzionali/privati ma anche centro logistico: tangenziali, circonvallazioni e altre infrastrutture alla base della metropoli mercantile. Dobbiamo arrivare negli scenari fisici dove possiamo incontrare possibili simpatizzanti – e purtroppo nelle condizioni attuali dell’esistenza urbana, il nonluogo della metropolitana è uno dei pochi punti di accesso agli uditi popolari. E dobbiamo esplicitare le connessioni esistenti tra il tema abitativo e quello della mobilità, tra il “io non lavoro gratis” e l’opposizione nascente al blocco di potere renzusconiano.

Salut
uno, nessuno, 100 mila nodi della stessa rete

(Contributi esterni)

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la sentenza è stata certamente una vittoria del popolo no Tav, ma non dimentichiamo che è grazie alla caduta accusa di terrorismo che è stato possibile trattenere in carcere in regime di isolamento 4 ragazzi per un danneggiamento. Una repressione “eccezionale” che anche a Firenze si è scontrata con l’eccezionale solidarietà dei No Tav. grazie a tutti i partecipanti. VINCEREMO!

https://www.firenzetoday.it/cronaca/corteo-rifredi-no-tav-foto.html?fbclid=IwAR0xZTXdln_YdiPMoIoETDV754yuNnxnPpGOOyiycNwZyRcdQtxdNi-rWbo