IL 30 OTTOBRE C’ERAVAMO TUTT*

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L’ingresso in scena del nuovo virus ha cambiato la nostra vita per sempre. Pandemia globale, emergenza sanitaria permanente, militarizzazione delle strade. Il tutto accompagnato dalla ricerca costante di un capro espiatorio: i comportamenti irresponsabili, i giovani, la movida, la scuola, I runner. Qualsiasi cosa pur di nascondere le responsabilità politiche che stanno dietro ai proclami pubblici e alla crisi economica e sociale più’ grave del terzo millennio in occidente. Andrà tutto bene, ci dicevano, ma queste parole risuonano sempre più’ grottesche via via che il tempo passa. Nessun piano sanitario, nessun piano per l’istruzione,. Nessun piano per i detenuti, totalmente dimenticati, ai quali è stato negato ogni tipo di avvicinamento, anche familiare. Smart working, Didattica a distanza , isolamento , coprifuoco e il nuovo gioco del semaforo per comuni e regioni sono la soluzione propinata, ma qualcuno non ci sta. Nella solitudine e nell’isolamento non c’è nessuna sicurezza. In molti l’hanno capito e sono scesi in piazza il 30 ottobre a manifestare la propria rabbia e insofferenza.Solidarietà a tutti gli arrestati.

Di sorveglianza speciale e di come iniziare a combatterla

La sorveglianza speciale è una misura di prevenzione che affonda le sue radici nel codice Rocco, scritto durante il fascismo, più volte revisionato, mai cancellato e tuttora parte del codice penale. È una misura particolarmente infame perché viene decisa sulla base della presunta pericolosità della persona, e non su prove di delitti effettivamente commessi; come spesso accade infatti può venire richiesta anche per persone di fatto incensurate. Negli ultimi anni questa misura sta venendo utilizzata sempre più spesso per colpire individui attivi nei contesti politici e sociali organizzati, con evidenti fini repressivi verso i compagni più attivi e verso le lotte che portano avanti. Sebbene sia in netto contrasto col principio costituzionale dell’innocenza fino a prova contraria, la misura continua a venire applicata costringendo per una quantità di anni variabili (fino a 5) la persona afflitta a non partecipare a manifestazioni politiche, non uscire dal comune di residenza, non incontrare pregiudicati e al rientro in casa nelle ore notturne o alle firme.È questo il caso di una nostra compagna che ha visto recentemente recapitata la fissazione dell’udienza che dovrà decidere del suo futuro prossimo il 14 aprile. Il paradigma che vorrebbe la giustizia penale arbitra di fatti e non di opinioni si sta capovolgendo sempre più velocemente. Analizzare questa tendenza e capire come affrontarla a livello politico è un’urgenza non differibile, che vorremmo iniziare ad affrontare con una discussione collettiva giovedì 1 aprile alle ore 18 all’occupazione viale corsica 81

UN DESERTO SOCIALE A TUTTI I COSTI

Come ulteriore giro di vite per i fatti del 30 ottobre in cui migliaia di persone si rivoltarono a Firenze contro il governo, il comune e la polizia, eccoci recapitata l’ennesima lettera verde dal tribunale: non si tratta di una denuncia, ma dell’invito per una nostra compagna a presentarsi in tribunale il giorno 14 Aprile 2021 per presenziare all’udienza in cui verrà decisa o meno l’applicazione della sorveglianza speciale contro di lei. Che significato dare a questa nuova mossa del questore?
Innanzitutto dobbiamo rilevare come la repressione sia tanto mutabile nei mezzi quanto poco lo è nei fini. Neanche un mese è passato dalla definitiva caduta del reato di associazione a delinquere spillato ormai più di dieci anni fa all’interno dell’operazione “400 colpi”, ed ecco ora, dopo i dubbi successi raggiunti con la pioggia di fogli di via staccati negli ultimi anni dalla questura, l’arrivo del Daspo anche per chi allo stadio non ha mai messo piede e, amarum in fundo, questa richiesta di sorveglianza speciale. Perché associare tra loro strategie e misure tanto diverse in questo scritto? Perché è fondamentale che queste si riconoscano per ciò che sono: operazioni di repressione politica. Per uno stato che dice di averla fatta finita con il fascismo è essenziale che, almeno in teoria, ad esser puniti siano i reati e non le idee. Ma come togliere allora i compagni dalle strade di fronte a una magistratura che per quanto sia classista non può non applicare il codice penale? Come togliere di mezzo persone e percorsi di auto organizzazione se gli stessi giudici nella maggioranza dei casi sono in imbarazzo di fronte alle richieste di carcerazione in relazione ai reati contestati? Come assicurarsi quella tanto agognata pace sociale se anche le misure cautelari preventive svaniscono in pochi mesi proprio in virtù della moderata gravità dei reati in relazione alle leggi attuali? Ecco quindi spiegato il ricorso a questi mezzi di repressione politica, di cui da sempre lo stato italiano si serve, ma che di volta in volta possono tornare più o meno utili. Tanti piccoli reati non ti aprono così spesso le porte di Sollicciano, ma se ci inventiamo una associazione a delinquere la musica cambia. Teoria troppo fantasiosa anche per la magistratura? Allora la scavalchiamo con misure di polizia: fogli di via e Daspo, che non necessitano dell’approvazione del giudice, ma vengono emessi direttamente dal prefetto. C’è chi ancora si ostina a non voler piegare la testa? Ecco qua la sorveglianza speciale.

UNA SORVEGLIANZA (E UNA PUNIZIONE) DAVVERO SPECIALE.
Un capolavoro del legislatore democratico. Ben oltre: “l’innocente fino a prova contraria”, ben oltre le misure cautelari preventive in attesa che il processo si sgonfi, si arriva al “colpevole dei reati che potresti commettere”. Sì, perché contrariamente a quanto potremmo essere portati a pensare, avere la sorveglianza speciale non significa ricevere un’attenzione particolare da parte delle forze dell’ordine, che quella la subiamo già da sempre, significa veder materialmente distrutta la propria libertà. Del tutto arbitrariamente potremmo quindi avere per un tempo che va da uno a cinque anni l’obbligo di rientro notturno, il divieto di lasciare la provincia di residenza, di incontrare pregiudicati o persone sottoposte a misure cautelari, di partecipare a riunioni o assemblee di qualsiasi tipo e, per tutta la durata della sorveglianza speciale, possono essere sospesi passaporto e addirittura patente. Per anni dunque devi star lontano dai tuoi compagni, dai tuoi affetti, rinunciare a viaggiare o anche solo a lasciare la tua provincia, rinunciare a far politica, rinunciare ad uscire la sera… La pena per chi infrange queste regole può essere anche il carcere immediato. Tutto ciò, lo ripetiamo, non in connessione ad un particolare reato per cui viene prevista questa punizione, ma in relazione a chi sei, a cosa fai nella vita e quali reati potresti commettere in futuro. Proposta da Digos e questore, l’applicazione di questa misura passerà alle mani di un giudice che valuterà quindi se la persona che ha davanti merita l’appellativo di “minaccia della difesa sociale”. Il tutto in un perverso gioco di rimandi incrociati in cui la polizia dice che son anni che ci colpisce e quindi è giusto colpirci ancora di più, sennò avrebbero già smesso anche loro, che son tanto bravi, e difendersi è estremamente complicato… dal momento che non c’è nessun episodio criminoso di cui si viene accusati e quindi in sostanza… non c’è niente da cui difendersi! È così dunque che una compagna neanche pregiudicata rischia di veder cambiare la propria vita e chiunque abbia sofferto in questo anno delle limitazioni che ci sono state imposte per il Covid19 ed ora invoca l’estate nella speranza di poter tirare un sospiro di sollievo può capire quanto sia grave veder limitata radicalmente la propria libertà per un periodo tanto lungo.

PERICOLOSI PER CHI?
Pur in assenza di qualsivoglia condanna, sappiamo bene cosa finirà sul tavolo del giudice: il coraggio e la voglia di cambiare questo mondo. L’occupazione di uno spazio per giovani rapidamente divenuto un museo di arte urbana in Via Toselli prima, e a “La Crepa” poi, il sedersi davanti alle ruspe insieme agli abitanti di tutto Viale Corsica per evitare il taglio degli ippocastani, l’aver partecipato a un presidio non autorizzato di Fridays for future, l’aver contestato Nardella il giorno della Liberazione, l’aver partecipato al presidio contro lo sgombero delle famiglie in Via Carissimi, l’aver occupato una Casa delle donne in piena pandemia per offrire rifugio e assistenza a chi più sta subendo questa forzata reclusione e infine l’aver partecipato alla notte del 30 ottobre.. Questi i reati che le vengono contestati e che potrebbero meritargli questa pesante medaglia di pericolosità sociale. Ma pericolosi per chi? Esiste un solo sfruttato sulla faccia della terra che potrebbe sentirsi minacciato da tale (presunto) curriculum? A tutti noi la facile sentenza. Complici e solidali con la nostra compagna invitiamo tutti a far propria questa campagna contro la sorveglianza speciale, al suo fianco e al fianco di tutti coloro che in Italia hanno subito questa infame misura e coloro, come Eddi di Torino a cui è stata notificata di ritorno dal Rojava, che hanno deciso di di non sottostarvi e di rifiutarla pubblicamente. Perché organizzare una difesa collettiva vuol dire organizzare la difesa stessa del movimento.
Invitiamo tutti a tutte il 14 Aprile 2021 dalle ore 9:30 al presidio che si terra’ di fronte al tribunale di Firenze in viale Guidoni contro questa infame misura di repressione politica

MUSICA e BIRRETTE IN PIAZZA TASSO

Selecta di musica disonesta
birrette & vino bono in solidarietà a le/gli indagat* (di cui 22 sotto misure cautelari!) per la manifestazione del 30 Ottobre a Firenze
in Piazza Tasso, venerdì 12/2 dalle h 19, dopo la chiusura del Mercato Contadino.
In caso di pioggia… Ci vediamo all’occupazione di via del leone 62.
R/esistenze
Autogestioni in lotta (https://resistenzefirenze.noblogs.org/)
È stata una piazza eterogenea quella di venerdì 30 ottobre, ma quale sia stata la componente principale di quella giornata è divenuto con il passare dei giorni evidente a tutti: i giovani e i giovanissimi, con buona pace di chi ancora cerca organizzatori dove non ce ne sono, scomodando le solite veline della questura ormai ingiallite dagli anni che additano di default anarchici o ultras.
Una piazza senza rivendicazioni precise e senza firma, una piazza proprio per questo abitabile da chiunque non volesse veder strumentalizzata la propria rabbia. Una rabbia da troppo tempo covata.
Come può infatti stupire che si voglia ribaltare un mondo che avrebbe tutto da offrire, ma che non ci ha mai offerto niente? Il contraltare di una tecnologia sempre più alienante è infatti rappresentato solo da sfruttamento e precarietà, lavori a nero e affitti impossibili.
Ed eccoli allora i giovani di venerdì: sono gli stessi che sono stati destinati a servire e sorridere al turista di turno, a cui è stato offerto poco più dello scheletro di quella che dovrebbe essere una scuola che mira a una reale diffusione e cultura, che sono stati costretti a continuare a vivere con i genitori e che proprio per questo sono stati derisi come una generazione di nullafacenti. Una generazione a cui è sempre negata la parola, continuando a guardare al giovane solo come ad un adulto in potenza, mai come ad un soggetto con propri bisogni e desideri.
Con la diffusione della pandemia tutto ciò ha assunto caratteristiche grottesche. Sostituita anche l’aula di scuola con uno schermo, l’intera socialità è stata bandita ed etichettata come superflua, definizione facile per chi guarda al mondo solo come ad un salvadanaio da cui attingere, magari da una villa di duecento metri quadri.
Se lo stato ha pensato bene di scaricare tutta la colpa delle proprie mancanze sui comportamenti dei singoli, continuando ad andare a braccetto con quell’organizzazione criminale che da sotto il nome di Confindustria, quelli stessi singoli hanno poi riversato la propria frustrazione sul capro espiatorio perfetto perché appunto da sempre privato di voce: ancora loro, i giovani.
ll 3 febbraio, dopo mesi dai fatti, digos e polizia si sono presentati alle prima luci dell’alba in svariate case per portare via 20 persone destinate a misure cautelari. Arrestano per nascondere l’incapacità di chi governa questo paese nel gestire una crisi sanitaria ed economica senza precedenti, una crisi causata dallo stesso sistema di rapina del territorio e delle risorse che strenuamente tenta di difendere. I morti nelle RSA, le famiglie sul lastrico, nessuna prospettiva a medio o lungo termine sulle nostre vite come la criminosa gestione della seconda ondata ha dimostrato.
Non sono 20 ragazzi i responsabili di una notte di rabbia dove 10000 persone sono scese in piazza. Come non sono 3 ragazzi che escono a fare aperitivo i responsabili di una pandemia che da un anno ha cambiato permanentemente in peggio il nostro modo di vivere. Ma riconoscere le proprie responsabilità vorrebbe dire ammettere per lo stato di aver fallito, e allora avanti col prossimo capro espiatorio, col prossimo arresto.

Sostieni il crowdfunding in solidarietà agli arrestati del 30 ottobre:

DATECI IL FUTURO, FIRMATO I GIOVANI.
Questa la scritta che sovrasta il centro storico di Firenze, la città vetrina del lusso per pochi.
Certo è stata una piazza eterogenea quella di venerdì, ma quale sia stata la componente principale di quella giornata è ormai evidente a tutti: i giovani e i giovanissimi, con buona pace di chi ancora cerca organizzatori dove non ce ne sono sono, scomodando le solite veline della questura ormai ingiallite dagli anni che additano di default anarchici o ultras.
Una piazza senza rivendicazioni precise e senza firma, una piazza proprio per questo abitabile da chiunque non volesse veder strumentalizzata la propria rabbia. Una rabbia da troppo tempo covata. Come può infatti stupire che si voglia ribaltare un mondo che avrebbe tutto da offrire, ma che non ci ha mai offerto niente? Il contraltare di una tecnologia sempre più alientante è infatti rappresentato solo da sfruttamento e precarietà, lavori al nero e affitti impossibili. Ed eccoli allora i giovani di venerdì: sono gli stessi che avete destinato a servire e sorridere al turista di turno, a cui avete offerto poco più dello scheletro di quella che dovrebbe essere una scuola che mira a una reale diffusione di cultura, che avete costretto a continuare a vivere con i genitori e che proprio per questo avete deriso come una generazione di nullafacenti. Una generazione a cui avete sempre negato la parola, continuando a guardare al giovane solo come ad un adulto in potenza, mai come ad un soggetto con propri bisogni e propri desideri.
Con la diffusione della pandemia tutto ciò ha assunto caratteristiche grottesche. Sostituita anche l’aula di scuola con uno schermo, l’intera socialità è stata bandita ed etichettata come superflua, definizione facile per chi guarda al mondo solo come ad un salvadanaio da cui attingere, magari da una villa di 200 metri quadri. Se lo stato ha pensato bene di scaricare tutta la colpa delle propie mancanze sui comportamenti dei singoli, continuando ad andare a braccetto con quell’organizzazione criminale che va sotto il nome di Confindustria, quegli stessi singoli hanno poi riversato la propria frustrazione sul capro espiatorio perfetto perchè appunto da sempre privato di voce: ancora loro, i giovani.
Del resto quale sia il trattamento riservato a chi le proprie idee prova ad esprimerle l’abbiamo imparato davanti al duomo, mentre la celere ci cariava senza alcun motivo se non quello appunto di metterci a tacere. Rimangono espresse su quei cartelli gettati a terra e calpestati che così prontamente il Quadrifoglio è passato a rimuovere. Parlavano delle responsabilità degli industriali e di questo governo, parlavano di una sanità svenduta, di chi una casa in cui confinarsi non ce l’ha, di chi è stato abbandonato dalle istituzioni ed è stato aiutato solo dalla solidarietà popolare e autogestita. Affermavano che non si può dover scegliere tra morire di fame o morire di covid.
Non può stupire allora che quelle migliaia di ragazzi abbiano trovato un’altra maniera di esprimersi, attaccando quella che da sempre è per loro l’unica manifestazione dello stato nelle loro vite: la polizia con la sua violenza, che anche venerdì ha dato mostra di quanto possa essere brutale e infame.
Non è quindi certo per tentare di ricondurre alle nostre ragioni quella protesta che vogliamo esprimere la nostra solidarietà a chi è stato fermato e a chi attualmente è colpito dalle misure cautelari, ma perchè quella rabbia è anche la nostra rabbia.
Qui trovate il link per il crowdfunding per sostenere le spese legali. Siete tutti invitati a condividerla e diffonderla. Perchè nessuno resti da solo.

Le 4 arti@ ACAB (Area Cani Autogestita Bastarda)

 

In questi tempi difficili la socialità è diventato un bene sempre più prezioso, da difendere e coltivare, ben consapevoli che salute è un concetto complesso che implica anche e soprattutto lo star bene con sé e insieme agli altri.
Il sabato pomeriggio all’Area Cani Autogestita Bastarda (ACAB) arrivano le discipline più antiche dell’Hip Hop.
Per tutta la giornata:
OPEN MIC ????
RAP & TRAP LIVE ????
WRITING ????️
BIRRETTE ????
PIZZE BENEFIT ????
L’Area Cani è uno spazio autogestito. Lasciato all’incuria da parte delle istituzioni è stato sistemato e pulito dagli abitanti del quartiere. Rispetta il posto e chi lo abita.
Tutto il ricavato sosterrà le spese legali degli arrestati per la notte di rivolta del 30 ottobre. Se non puoi venire e vuoi contribuire puoi farlo su https://www.gofundme.com/…/il-30-ottobre-a-firenze…

PER APRIL

Con la sua vitalità travolgente April ha lasciato un segno indelebile in ogni luogo che ha attraversato. E noi lo sappiamo bene.
A Firenze non ha abitato a lungo, ma non è passata inosservata: ci ha travolti dal primo momento e ha trovato il modo di farlo anche andandosene.
Ci ha travolti con la sua esuberanza e con quella spiccata tendenza a non far mai finta di niente, a non tirarsi mai indietro, sapendo sempre dispensare parole giuste con qualcuno o un pugno a chi lo meritava.
Vedeva tutto come una sfida contro questo mondo che voleva cambiare e che si è dovuta conquistare con le unghie e con i denti. Ogni sfida che le è stata posta davanti l’ha affrontata con risate fragorose. Quelle stesse risate che così tante volte hanno risuonato nel nostro salotto e che non vogliamo né possiamo dimenticare, per cui si è meritata l’affettuoso appellativo di gabbiano, nome che riusciva a farla ridere ancora di più.
Ci ha travolto con la sua energia e il suo affetto come ha fatto dal primo giorno in cui l’abbiamo conosciuta.
Alla nostra compagna, alla nostra amica, al nostro gabbiano.
Gli arresti non ci impediranno di dimostrare il nostro amore. Questo sabato ci vediamo tutt* per stare insieme dalla mattina alla sera e per fare un murales in ricordo della nostra amica.